Lo scenario che fa da cornice alla nostra attività sportiva è quindi il Montiferru, con la dominante ambientale costituita dall’imponente massiccio di origine vulcanica. La sua origine si fa risalire all’intensa attività vulcanica e tettonica che ha portato alla formazione della Sardegna, dall’Oligocene (30 milioni di anni fa) fino a plio-pleistocene, in un periodo compreso fra i 5 e gli 1,6 milioni di anni fa, con una fase decisamente intensa intorno ai 3,6 milioni di anni fa.
Quanto successo in epoche così lontane, unito ai successivi fenomeni di erosione (si stima che l’altezza massima originaria del complesso vulcanico si aggirasse attorno ai 1600/1700m .s.l.m., contro i 1050m attuali), ci ha consegnato il paesaggio così come lo conosciamo oggi e ha avuto ripercussioni anche sui vicini altipiani di Campeda e Abbasanta. Testimonianza di un passato tettonico/vulcanico burrascoso sono le caratteristiche formazioni rocciose basaltiche che affiorano a tutte le quote; la costa con scogliere alte, direttamente sul mare, ma anche porzioni più o meno estese di spiagge basse e sabbiose.
Altra conseguenza diretta della storia geologica è la ricchezza in fonti e sorgenti di acque perenni, con depositi sotterranei in alcuni casi di dimensioni considerevoli (in territorio di Scano di Montiferro, con importanza regionale, sono quelle di Sant’Antioco, con portata di acqua che in diversi periodi dell’anno si attesta sui 200 l/s; in territorio di Santu Lussurgiu, la sorgente di Elighes Buttiosos, ma anche la più famosa San Leonardo di Siete Fuentes; in territorio di Seneghe, Funtana Fraigada, un’antica fonte di epoca romana, e una rete capillare di fonti e abbeveratoi rurali), ma anche un rete idrografica superficiale che esprime due importanti corsi d’acqua: il Rio Mannu, che dopo aver percorso 28km si getta nel mare antistante Punta Foghe; il Rio di Mare Foghe, principale immissario dello stagno di Cabras con i suoi 48km di lunghezza.
Ma ruscelli e rigagnoli costellano quasi tutte le valli e scolpiscono il terreno. Sul versante marino i rii sfociano spesso dove si ergono le località marine turistiche. Come non citare le bianche scogliere di Santa Caterina di Pittinuri e S’Archittu, col suo arco naturale, prodotto dall’azione costante del mare? Oppure la splendida Cascata di Capo Nieddu, un unicum italiano?
CLIMA
Il clima è fortemente influenzato dalla vicinanza del mare e dalla configurazione dei rilievi e si può definire mediterraneo sub-umido con precipitazioni concentrate soprattutto in inverno e in primavera. In estate non è raro che le temperature superino i 40°C, mentre in inverno si scende spesso sotto gli 0°C, con nevicate e gelate ancora frequenti, soprattutto in cima, dove sono importanti anche le forti escursioni termiche fra giorno e notte, in qualsiasi periodo dell’anno.
FLORA
La flora è estremamente varia e va dalla vegetazione costiera, alla macchia mediterranea, fino ad arrivare ai boschi di leccio e di pino dei recenti rimboschimenti. Come gran parte dell’isola, anche le foreste primordiali del Montiferru, costituite prevalentemente da lecci già secolari nel XVIII secolo, sono state oggetto di un taglio indiscriminato (si stima che questo processo ci sia costato oltre 500000 ettari di boschi), operato in epoca sabauda e, successivamente, per destinare nuove e ampie porzioni di territorio al pascolo e all’agricoltura. Oltre al leccio, altre specie presenti ma meno diffuse sono la quercia, la roverella, il lentisco, il corbezzolo, il pero selvatico, il tasso e l’agrifoglio, sopravvissuto in poche formazioni compatte fra Santu Lussurgiu e San Leonardo in zona S’Olostriches (che tradotto significa “Gli Agrifogli”, appunto). Non mancano diversi esemplari di Aceri Montani, concentrati in zona Cravedu/Funtana Longa in territorio di Santu Lussurgiu.
Il sottobosco di lecci è spesso reso inaccessibile da specie lianose quali rovi, edera, tamaro, salsapariglia e clematide. Non mancano poi il ciclamino, l’alloro, il polipodio (felce), il finocchio selvatico, il biancospino, la peonia, la digitale, la belladonna, il lillatro, il pungitopo e rare orchidee selvatiche. Sulle cime, la presenza costante del vento rende difficile la proliferazione di vegetazione di medio e alto fusto e quindi il paesaggio è dominato da specie arbustive. I pochi alberi presenti sono tipicamente piegati dall’azione del frequente maestrale.
Scendendo di quota, nelle zone meno impervie, a farla da padrona è la macchia bassa con il mirto, la ginestra, il rosmarino, il gigaro, l’asfodelo, il cisto, l’euforbia, ampie siepi di fico d’india, l’erica, i tamerici e gli olivastri. Considerevoli porzioni territorio sono coltivate ad olivo: è il caso estese di superfici nei comuni di Seneghe, Bonarcado, Narbolia, Cuglieri e Scano di Montiferro. Abbastanza diffusa anche la vite (meno che in passato), con vigne e sul versante marino, e in collina. Da segnalare la vegetazione tipica del sistema dunale di Is Arenas, convertito in gran parte a pineta per arrestare l’avanzata delle sabbie intorno agli anni ’50 del secolo scorso: sono qui presenti pini di diversa specie ma anche psammofile quali il ravastrello, la calcatreppola, il cardo e la gramigna delle spiagge, che contribuiscono a consolidare le formazioni sabbiose
FAUNA
La controparte faunistica del leccio, per diffusione, è senza dubbio il cinghiale, particolarmente diffuso su tutto l’areale. Durante il giorno si rifugia in luoghi inaccessibili, mentre di notte si sposta alla ricerca di tuberi e ghiande, invadendo talvolta i terreni coltivati e gli orti.
La volpe, il più grande predatore terrestre presente sull’isola, è facilmente incontrabile, così come la lepre sarda, diminuita in numero a vantaggio del coniglio selvatico, che meglio si adatta alle caratteristiche dei luoghi. Sono presenti il riccio, la donnola, la martora e il raramente avvistabile gatto selvatico.
Reintrodotti da pochi decenni sono il muflone, il cervo sardo e il grifone. Il primo è visibile sulle cime rocciose, mentre il secondo predilige la fitta vegetazione dove non è improbabile scorgerlo, proprio mentre si passeggia in bicicletta, soprattutto al mattino o in tarda serata.
Nel novero dei volatili abbiamo invece, oltre al grifone, l’avvoltoio, la cornacchia grigia, la poiana, il gheppio, il falco pellegrino. A quote inferiori si trovano invece l’upupa, la ghiandaia, il tordo, il pettirosso, l’allodola, il cuculo, il corvo, il venturone. Appartenenti al gruppo dei rapaci si trovano il barbagianni, la civetta e l’assiolo, spesso impegnato nel caratteristico canto durante le notti estive.
La presenza della costa e delle falesie generano l’ambiente ideale per alcune specie di uccelli, come la berta maggiore e minore, il gabbiano reale, il gabbiano corso, il cormorano, il colombo e il gruccione.
Ovviamente non mancano i rettili. Almeno tre serpenti: il colubro chiamato volgarmente “biscia”; la natrice dal collare; il biacco. Rospo, raganella e discoglosso sardo invece per quanto riguarda specificatamente gli anfibi.
ATTIVITA‘ ANTROPICHE
Le attività umane si perdono nella notte dei tempi, con testimonianze che attraversano tutta la storia dell’uomo: numerose sono le rilevanze archeologiche preistoriche, da Sas Domo de sas Janas (Sant’Andrea, Pittudi, Serruggiu in territorio di Cuglieri; Abbauddi in territorio di Scano di Montiferro), ai prodotti della civiltà nuragica, con protonuraghi, nuraghi semplici, nuraghi complessi, resti di villaggi, tombe dei giganti (nuraghi Narva – protonuraghe –, Littu, Ruju, Oppianu, Pirone, Aurras, Mollosu, Prantalena, Mur’e Accas, Su Mortozu, Molineddu, Zacca – semplici –, Mesu Majore, Pranispridda, Campu, Ozzastru, Bruncu – complessi –, Sa Fache de s’Artare, S’Omo de Sas Janas, Benadria – tombe dei giganti –, in territorio di Seneghe; nuraghi Olia, Coduleddu, Appara, Cornus, Crastachesu, Santu Giolzi, Bunneddu – semplici –, Oraggiana, Su Rosariu, Tiriola – complessi –, Oratanda – villaggio –, Oratanda, Oraggiana I e II, Sas Presonas de Pulighedda, Mura Faina – tombe dei giganti –, Matta Tiria – muraglia megalitica –, in territorio di Cuglieri; nuraghi Monte Pertusu, Coduleddu, S’Adde ‘e s’inferru ‘e suba, Muralavros, Banzos e Banzos B – semplici –, Madau, Piricu, Elighe Onna, Putzu Majore – complessi –, in territorio di Santu Lussurgiu; nuraghi Sa Perdera, Zenna Uda, Temannu, Su Crastu – protonuraghi –, Lorenzo Nieddu, Funtana Enturzu, Funtana ‘e Sones, Bulare Prunas, Perda Pertusa, Serra Crastula – semplici –, Su Muschìu, Scova Era, Nardzos, Livrandu, Cuau, Loriosa – complessi –, Bau Nou – villaggio –, Bena Sinnis, Campu Scudu – tombe dei giganti – in territorio di Bonarcado; nuraghi Terra Craccus, Scoa Cuaddus, Accas, Straderis, Sa Muralla – semplici –, Aresti, Lizzos, Tunis, Crabia, Erba Caggius, Niu ‘e Crobu, Coronas o Crabazzeddu, Zoddias, Tradori – complessi –, in territorio di Narbolia). Importante è l’area sacra della città sardo-punica di Cornus (centro nevralgico delle ribellioni sardo-puniche contro l’occupazione romana dell’isola, fra il 218 e 215 a.C.): Columbaris– Qui presenti sono sepolture e resti di edifici religiosi paleocristiani che sanciscono la frequentazione plurisecolare della città (nuragica, punica, romana e medievale), situata precisamente nel Campu ‘e Corra, un altopiano che svetta sulla baia di S’Archittu e Torre del Pozzo.
Non meno importanti sono le testimonianze medievali, con resti di villaggi e chiese campestri diffusi capillarmente sul territorio (più informazioni QUI). In territorio di Cuglieri, a 3km dal paese, è presente l’unico castello, Casteddu Etzu, una fortificazione che permetteva di controllare i confini meridionali del Giudicato di Torres. È impossibile non ricordare: il Santuario di Nostra Signora di Bonacatu, amministrato dai monaci camaldolesi di San Zeno di Pisa, con l’edificio di epoca Bizantina prospiciente la parrocchiale in conci basaltici e inserti trachitici, il cui atto di consacrazione è del 1146; la chiesa di San Leonardo di Siete Fuentes, nella già citata omonima località, risalente al XII secolo; la chiesa di San Pietro di Milis Pitzinnu, circondata dal sagrato e prossima ad un nuraghe complesso che porta lo stesso nome e risalente anch’essa al XII secolo.
All’età sabauda risalgono poi edifici dell’archeologia industriale, come le miniere di ferro di Su Enturgiu, in territorio di Seneghe. È proprio alla ricchezza in minerale ferroso del sottosuolo e a questi complessi al servizio dell’attività estrattiva dei secoli XVIII e XIX che si deve il nome dell’intera regione.
I piccoli paesi sono poi degli scrigni di tesori, con vie in pietra lastricate che si inerpicano sui pendii scoscesi, e abitazioni di pietra lavica che si alternano a importanti edifici istituzionali e religiosi, espressione della società che li ha partoriti in secoli di vita comunitaria.